La lunga storia della cartografia è caratterizzata da molteplici errori frutto di ipotesi, nate da osservazioni parziali. Fino al diciannovesimo secolo, ad esempio, sia Africa che Australia erano parzialmente inesplorate e, in assenza di informazioni utilizzabili, i produttori di mappe utilizzarono la propria esperienza e logica per rappresentare il mondo. Ovviamente i risultati non furono sempre dei migliori; a volte sbagliando clamorosamente.
Se siete appassionati di cartografia, come lo siamo noi, vi segnaliamo il libro di Edward Brooke-Hitching intitolato “The Phantom Atlas” (Atlante fantasma, per i non anglofoni), dove l’autore raccoglie una vasta selezione di questi errori. Alcuni errori sono dovuti ad imprecisioni giustificabili, altri invece entrano nel dominio della menzogna e della misticità.
Troviamo rappresentazioni cartografiche della Patagonia con giganti barbuti muniti di arco e frecce; mappe di Java rappresentanti la raccolta delle noci di cocco e creature marine fantastiche; mappe della California, dove questa è rappresentata come “l’Isola di California”, separata dal continente nord americano e giustificata dal fatto che con le conoscenze dell’epoca la baia di San Francisco potesse far pensare ad un’isola.
Questi esempi ci mostrano come l’intelletto umano sia capace di utilizzare la conoscenza disponibile per immaginare e ipotizzare soluzioni ai problemi che ci vengono posti, ma ci fanno anche capire come, in assenza di informazioni corrette e complete, sia facile sbagliare.
Fortunatamente ora l’uomo possiede una completa conoscenza della superficie della Terra e della geografia, che gli consente di produrre mappe corrette, a meno degli errori di proiezione cartografica. La maggior parte delle carte attualmente in circolazione rappresentano l’Africa di dimensione molto inferiore alla realtà, per via della proiezione di Mercatore (ma ne parleremo in un altro articolo).